giovedì 6 novembre 2014

10 ANNI


Oggi,  sì sì proprio oggi, sono 10 anni che sopravvivo a Milano. Era il 6 novembre del 2004.
Non mi sembra vero, 10 anni. Sono tantissimi, un quarto della mia vita passata qui. Quanto ero giovane 10 anni fa, quante aspettative, quante promesse, quante speranze. Ancora ricordo il camioncino che da Napoli ci portò qui (sì sì camioncino, avevamo tutta la lista nozze e le provviste di almeno 1 anno da portare su, mica bruscolini, tsè)!
Io di solito non faccio bilanci, non mi piacciono, sembra che una cosa dopo il bilancio debba finire e invece ne ho ancora di anni da vivere e da passare qui (ahimè ma anche per fortuna).
Solo che sono 10 anni e il bilancio o comunque un inventario di quello che ho, di quello che ho avuto e di quello che ho perso va fatto, comunque mi va di farlo.
Cose che ho avuto da Milano, belle e meno belle:
·         un lavoro. Beh sono partita subito dopo l’università e di esperienze lavorative ne avevo realizzate veramente poche. Il lavoro lo metto come prima cosa perché qui sul lavoro (per meglio dire sulla “fatica”) non si scherza un cavolo, ma zero proprio. E’ la prima domanda che ti fanno le persone appena conosciute, anche prima del nome a volte. La domanda è sempre la stessa: che lavoro fai? E subito dopo: dove lavori? Quest’ultima perché anche dalla distanza dal posto di lavoro si capisce se sei una che si impegna o una che va a lavorare solo per lo stipendio. La posizione lavorativa è fondamentale per avere il rispetto degli altri, dalla tua risposta possono dipendere i futuri atteggiamenti degli altri nei tuoi confronti. Se fai un lavoro interessante ti martelleranno di domande per capire tutto di esso, dalla mansione allo stipendio, e sarà la prima voce nell’elenco della presentazione che faranno di te agli altri. Tipo: ti presento Esmeralda (nome inventato) senior account (in inglese è figo) della società Fritto and company, oppure se devono parlare di te in tua assenza, diranno: ma come non conosci Esmeralda quella che lavora…… mansione, nome azienda, luogo, via. E’ la carta di identità dei milanesi, qui non sei schedato per nome e cognome ma per lavoro. E si ricordano tutto, anche se non li vedi per anni e magari nel frattempo hai fatto anche cose importanti come un trasloco, un figlio, un divorzio ecc. loro ti chiederanno sempre e come prima cosa: come va il lavoro? Ormai lo faccio anche io, se ad esempio incontro una conoscente in al supermercato, magari anche visibilmente ammalata, che tossisce e ha una aspetto cadaverico, non mi viene di chiederle come stai? Ma faccio così: ciao Tizia, che casino eh, come va il lavoro?

La risposta sarebbe: ma vaffanculo va…e invece di solito rispondono con un: tutto bene, meno male che c’è. A me verrebbe da dire, se fossi fuori dal tunnel, cose del tipo: ma ti vedi che stai morendo? Meno male che c’è  è la salute, non può essere il lavoro (che per carità senza se ne va anche la salute, quindi santo lavoro, però….)

 

·         apertura mentale. Ero un po’ chiusa quando sono arrivata qui. In tutti i sensi, alcune cose sapevo che c’erano ma non le avevo mai vissute e neanche viste. La consapevolezza che ci possono essere tante realtà diverse tutte uguali nel rispetto e nel diritto di esistere. Il non giudicare facendo affidamento ai soliti luoghi comuni e credenze radicate in anni di perbenismo, sia mio che della società che mi circondava.

 

·         La crescita. Sono cresciuta molto velocemente una volta qui. Giù vivevo ancora con i miei, in un ambiente protetto, con un papà iper protettivo che anticipava i miei bisogni e con un tessuto sociale che conoscevo benissimo e di cui potevo fidarmi ciecamente, come un bambino. Una volta qui non ero nessuno, non mi conosceva nessuno, ero una testa nera alla fermata della metropolitana, uno dei tanti manichini che incontri per strada. E’ stata dura, ho pianto, ho sognato di scappare, sono diventata claustrofobica anche. Ma poi qualcosa è iniziato a girare, con moooolta difficoltà mi sono fatta conoscere e ho fatto amicizia. Sono fortunata, ho delle amiche qui. 

·         L’amicizia, anche quella vera, quella che anche se non si è cresciuti insieme fin dai primi vagiti, diventa importante e forte e c’è se hai bisogno e viceversa. Ho delle persone molto care qui, non so chi le ha messe sulla mia strada. Una volta una persona cara, sentendomi dire che mi sentivo in colpa perché, lavorando tutto il giorno, non sempre riuscivo a ricambiare gli aiuti che le mie amiche mi davano quotidianamente, mi ha detto: Dio ci mette sulla nostra strada dei doni, delle persone, possibilità di farcela, e io ci credo. Senza le mie amiche non sarei sopravvissuta, sono la mia ancora di salvezza, il mio filo sospeso sul mondo, senza sarei persa, gli sono molto grata e spero che lo sappiano o che lo capiscano.
 

·         La passione per la corsa. Quando vivevo giù non apprezzavo questa attività sportiva. Giù, dove vivevo io, non ci sono molti posti dove andare a correre. Una volta qui, vuoi per il culto del fisico che hanno qui, vuoi per la fissa della taglia 40/42 che hanno sempre qui, vuoi, ed è la cosa più probabile, che avessi bisogno di una sfogo sia fisico che mentale, ho iniziato a praticare la corsa. La adoro, il rumore della scarpe da corsa sull’asfalto mi rilassa e al tempo stesso mi da grinta, il vento in faccia, i muscoli che si tendono, il paesaggio intorno che cambia continuamente, la strada che si sgretola sotto i piedi, la stanchezza piacevole che arriva dopo un po’. Anche il respiro affannato mi esalta. La mente si rilassa, si libera, inizio a vagare nei miei pensieri più nascosti e corro, corro, corro. Il dopo è ancora meglio, il corpo è stanco ma rilassato e hai una sensazione di benessere unica.
 

Beh mi fermo qui, ne avrei da scrivere ma poi divento noiosa e prolissa, Milano mi ha dato e continua a darmi e direi che in fin dei conti il bilancio è super positivo. Nella prossima puntata vi dico invece quello che perso. Mi andrebbe di cambiare e spesso sogno di farlo, ma per il momento resto qui e sfrutto tutto quello che questa città ha ancora da offrirmi.

 

giovedì 23 ottobre 2014

DOVE SONO STATA


Sono tornata, adoro scrivere ma poi mi perdo nei meandri delle cose da fare. Perdo un sacco di tempo che potrei impiegare meglio. Perdo tempo sui social, perdo tempo a ripensare alle cose già fatte, a quelle che avrei voluto fare e a quelle che dovrei ma che probabilmente non avrò il coraggio di fare mai. Che inconcludenza! Non sopporto questo lato di me.
Oggi a Milano c’è il sole ma fa freddo, il cielo è azzurro ma tira vento, io ho cambiato lavoro (che culo di questi tempi eh) ma non so ancora bene come mi sento in proposito.
Sì, oggi voglio parlarvi proprio di questo, il mio cambiamento che non è stato solo lavorativo.
Quando si cambia lavoro, non ci si limita solo a cambiare luogo o mansione, cambia tutto, ad iniziare dalla sveglia al mattino che nel mio caso è  anticipata di ben 20 minuti e amici credetemi quando dico che per me è “na vera tragedia”. La mattina mi sveglio con questi pensieri: perché proprio io? Perché tutti mi odiano? Cosa ho fatto di male? Non potevo nascere figlia di Berlusconi? Insomma una vera e propria esagerazione, ma sono così da sempre e mica posso cambiare (sia mai). A cambiare poi è anche la strada da percorrere in macchina, cambia il panorama che vedo, cambia la prospettiva, cambiano i semafori e di conseguenza i lavavetri. Quello di via Palmanova (vecchio percorso) lo sapeva che non doveva rompere i coglioni se non ero io a chiamarlo perché significava che non avevo monete, inoltre conosceva benissimo le mie abitudini, ossia: il lunedì sono depressa e lasciatemi stare se non volete rischiare un grugnito, il venerdì alle 18.15 ero capace di amare tutti e di conseguenza anche lui e allora veniva a bussare. Credo che sapesse anche quando era per me, quel periodo particolare in cui tutte si trasformano in licantropi e odiano tutto e tutti, in particolar modo il genere umano in generale, infatti non si faceva vedere…molto probabilmente vedendomi da lontano si chiudeva nel primo portone nelle vicinanze, tipo i dalmata della carica dei 101 quando vedono arrivare Crudelia Demon e scappano a gambe levate.
Cambia tutto, cambiano i colleghi (riserverò un post più avanti per loro), cambia l’ufficio, cambia il capo, cambia il pc e l’archiviazione delle cose, con la quale sto facendo amicizia adesso ma non siamo ancora in buoni rapporti.
E poi cambia il tuo atteggiamento, sì proprio così. Mi sembra quasi di aver avuto un’altra possibilità di far vedere chi sono, senza pregiudizi e senza quell’idea dura a morire che è la prima impressione, per la quale se il primo mese di lavoro ti sei fatta valere allora sei brava sempre altrimenti nulla, fai molta più fatica a recuperare (mi era successa la stessa cosa al liceo, ma lì  mi andò di culo al primo quadrimeste e quindi vivevo di rendita)

Mi fermo qui, altrimenti sarei noiosa, sto bene. Mi sento finalmente meglio!

martedì 24 giugno 2014

SENSAZIONI

E' partita, ieri, con il treno delle 18.00 dalla stazione centrale di Milano, con il suo zaino fuxia, con il suo nuovissimo lettore dvd portatile pieno di cd di cartoni animati, con il suo vestitino con le ciliegie e due occhi a forma di cuore. Ci siamo salutate con un abbraccio e un bacio, ma sia io che lei abbiamo evitato di incrociare gli sguardi, di avere come ultimo fotogramma l'immagine della nostra separazione.
Causa lavoro, io e la mia piccolina, la mia cucciola di 6anni, ci siamo separate per un lunghissimo periodo. E' andata dai nonni, è andata a stare bene , si divertirà, mi ripeto come un mantra.
Mi manca, è più forte di me, un altro effetto collaterale del vivere lontani da casa e dai nonni. 800km non si possono fare tutti i weekend o appena ti struggi di nostalgia, 800 km sono tanti e costano anche.
Sicuramente metterò in pratica quello che ti consigliano le amiche single o non mamme non appena molli la prole, ossia: aperitivi, cenette, zero orari, zero richieste da accontentare prima di qualsiasi altro tuo bisogno. Ma sono anche sicura che mi annoierò presto, sono cambiata, non sono più quella pre-figlia, queste cose mi piacciono, ma adoro troppo stare con mia figlia, adoro lei, il suo essere così dolce, il suo profumo, le sue mani, i suoi abbracci, il suo sorriso sdentato. Anche mentre scrivo mi chiedo cosa starà facendo, sentirà la mia mancanza, penserà che sono stata una stronza ad averla mandata via.
Magari con il passare dei giorni un pò questa sensazione di claustrofobia passerà e io godrò del tempo tutto per me, ma per adesso naufragar m'è dolce in questo mare